A 9 giorni dal referendum per l’indipendenza della Scozia, il primo ministro britannico David Cameron sta tentando il tutto per tutto. Dopo il sondaggio diffuso domenica scorsa – che per la prima volta dava il fronte del “sì” in vantaggio – il premier britannico ha intensificato gli sforzi per allontanare lo spettro di un “independence day” che, per lui, sarebbe un irrimediabile fallimento politico. Così, in extremis, ha deciso di recarsi a Edimburgo domani insieme al suo vice, Nick Clegg, disertando il question time settimanale a Westminster. Ma la "visita d'emergenza" di Cameron (come la chiama il Guardian) non è che un tassello di una strategia da codice rosso di cui fanno parte simboli, bandiere, devolution e appelli alla regina. Nonché, sostengono i maligni, un nuovo royal baby annunciato con qualche settimana d'anticipo.
"Il nostro messaggio per gli scozzesi è semplice: vogliamo che restiate" nel Regno Unito, scrivono Cameron e Clegg nella dichiarazione congiunta in cui annunciano la visita in Scozia. "C'è molto che ci divide, ma c'è una cosa sulla quale concordiamo appassionatamente: il Regno Unito è meglio insieme. Ecco perché - aggiungono - abbiamo deciso che il posto giusto in cui essere domani è la Scozia, non Westminster per il question time".
Basterà un blitz a Edimburgo per fermare il sogno indipendentista degli highlander? Difficile dirlo, come sa bene Cameron, che negli ultimi giorni si è affrettato a promettere un nuovo pacchetto ribattezzato “maxi-devolution” con nuove concessioni alla Scozia (più autonomia fiscale, di budget e nel welfare).
Alle carote si alternano le bastonate, come quella inferta oggi da Mark Carney, governatore della Bank of England: una unione monetaria fra Scozia e Regno Unito, nel caso di una vittoria degli indipendentisti scozzesi, sarebbe "incompatibile con la sovranità". Carney ha ribadito i commenti fatti all'inizio dell'anno, secondo cui se una Scozia indipendente vorrà conservare la sterlina come sua moneta dovrà rinunciare a una parte della sovranità nazionale. Per il governatore della banca centrale, ci sono tre cruciali componenti in una unione monetaria di successo: il libero movimento di capitali, lavoro, merci e servizi; una unione bancaria con regole condivise e una supervisione; un accordo fiscale che stabilizzi le "inevitabili fluttuazioni" tra le economie. "Dobbiamo solo guardare al di là del Canale per vedere che cosa accade se non ci sono tutte queste componenti in atto", ha detto Carney, riferendosi all'Eurozona.
In questo rush finale Londra sembra pronta a ricorrere a tutto, a cominciare dai simboli: da oggi e fino al 18 settembre la bandiera scozzese (il Saltire) sventolerà su Downing Street insieme alla Union Jack, il vessillo britannico. "Potrete aspettarvi lo stesso per altri edifici governativi e credo che accadrà in una serie di istituzioni ed edifici pubblici nel Regno Unito", ha detto un portavoce del governo. Il leader laburista Ed Miliband ha invitato città e villaggi a esporre la bandiera blu e bianca per manifestare sostegno al mantenimento dell'Unione.
Inevitabilmente, nella campagna elettorale viene tirata in mezzo anche la famiglia reale, soprattutto dopo la notizia della seconda gravidanza di Kate Middleton.
Nella stampa britannica non sono mancate le interpretazioni “politiche” dell’annuncio, effettivamente avvenuto con qualche settimana di anticipo rispetto alla prassi. Come “politico” è stato il messaggio di auguri inviato al duca e alla duchessa di Cambridge dal primo ministro scozzese Alex Salmond, principale artefice del referendum:
"Meraviglioso sentire che stanno aspettando il loro secondo bambino - una notizia molto bella!", ha scritto il leader del Partito nazionale scozzese su Twitter, utilizzando i titoli scozzesi della coppia: "Earl & Countess of Strathearn" ("Conte e Contessa di Strathearn").
L’ipotesi di un collegamento tra la notizia della gravidanza e il referendum è smentita, tra gli altri, da Alistair Darling, laburista, parlamentare alla Camera dei Comuni per il collegio di Edimburgo, uno dei leader della campagna unionista “Better Together”. “I royal babies – ha detto ai microfoni di Sky News – vanno oltre la politica".
Dal punto di vista costituzionale, la famiglia reale dovrebbe essere super partes e non interferire mai sulle questioni politiche del paese, ma non è stato sempre così (i nostri colleghi dell’HuffPost Uk, ad esempio, hanno elencato almeno sette episodi in cui le visioni politiche della monarchia sono state tutt’altro che neutrali). È anche per questo che dai banchi di Westminster si sta alzando trasversalmente un coro di richieste rivolte al premier Cameron affinché chieda alla regina Elisabetta di interrompere il suo assoluto silenzio sull'argomento e pronunciarsi sul referendum.
Come rivela il Telegraph, i deputati conservatori, laburisti e liberal democratici vedono nell'intervento della sovrana un'ultima, estrema risorsa per fermare l'avanzata del fronte del sì, che dopo il sorpasso nel sondaggio YouGov diffuso domenica (51% degli scozzesi favorevoli al distacco da Londra) sta gettando nel "panico" gli unionisti, come non mancano di sottolineare gli indipendentisti.
Spaventati dalla prospettiva ormai concreta di una dissoluzione del Regno Unito, i deputati hanno in mente quanto già accaduto nel 1977, in occasione del Giubileo d'Argento di Elisabetta. In quell'occasione, Scozia e Galles erano chiamati al voto per decidere sull'istituzione di proprie assemblee nazionali. Elisabetta si pronunciò affermando di comprendere le "aspirazioni" dei sudditi gallesi e scozzesi che chiedevano maggiore autonomia, ma, disse, "non posso dimenticarmi di essere stata incoronata regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord", ricordando i "benefici" che l'Unione plurisecolare aveva garantito, "in patria e all'estero, a tutti gli abitanti di tutte le parti del Regno Unito".
Stavolta, però, la sovrana intenderebbe rimanere neutrale. Elisabetta, che attualmente si trova nel castello scozzese di Balmoral, dove rimarrà fin dopo il voto del 18 settembre, segue "da vicino" l'evolversi della situazione. Nel weekend, in un colloquio con Cameron, si sarebbe detta "inorridita" davanti alla prospettiva di una dissoluzione dell'Unione (immediata la smentita di Buckingham Palace), ma secondo molti osservatori difficilmente si pronuncerà.
A mettere in imbarazzo la regina è anche l'abile manovra del first minister scozzese, Alex Salmond, che vincendo le resistenze repubblicane ha confermato fin da subito che Elisabetta rimarrà capo di Stato anche di una Scozia indipendente da Londra, "come lo erano i suoi antenati". A poche ore dalle rivelazioni del Telegraph, il nuovo 'Braveheart' scozzese che dopo 308 anni potrebbe mettere fine all'Unione, ha subito lasciato intendere che anche Elisabetta sarebbe a favore di una Scozia indipendente e "fiera di essere regina degli scozzesi, così come noi siamo stati fieri di averla come monarca". A patto, questo il non detto del messaggio di Salmond, che Elisabetta non si pronunci prima del voto.
Fonte:http://www.huffingtonpost.it/
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