mercoledì 24 settembre 2014

CRONACA DEL 1° GIORNO DI GUERRA (MONDIALE) AI MOSTRI DELL’ISIS: C’E’ UNA CERTEZZA, NON FINIRA’ PRESTO E NEPPURE BENE.

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La coalizione anti-jihadista guidata dagli Stati Uniti ha iniziato nelle prime ore di questa mattina a bombardare le posizioni dei qaedisti in territorio siriano. I raid sono coincisi con l’avanzata, negli ultimi giorni, dello Stato islamico verso lo strategico valico di Ain al Arab, Kobane in curdo, al confine con la Turchia. Uno sviluppo che potrebbe aver accelerato i piani degli alleati. Non a caso, proprio i territori curdi in Siria sono stati, assieme alla zona di Raqqa, le aree interessate dai raid di stamane.
I primi attacchi hanno colpito proprio Raqqa, considerata la roccaforte dello Stato islamico in Siria, nelle prime ore dell’alba. A prendervi parte, oltre agli Stati Uniti, sono stati cinque paesi arabi: Arabia Saudita, Bahrein, Emirati arabi uniti, Qatar e Giordania. Una circostanza che, secondo il presidente Usa Barack Obama, dimostra come gli Stati Uniti “non siano soli” nella lotta contro il terrorismo. Gli attacchi hanno preso di mira anche le posizioni del gruppo Khorasan, affiliato ad al Qaeda, che secondo il capo della Casa Bianca sarebbe “in grado di minacciare direttamente gli interessi statunitensi e occidentali”. Contro le basi del gruppo nel nord della Siria sono stati utilizzati anche 47 missili da crociera Tomahawk, lanciati da dueportaerei statunitensi operative in acque internazionali.
Per il movimento dei Fratelli musulmani e per gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, di base a Londra, i raid sarebbero stati indirizzati anche contro i jihadisti del Fronte al Nusra, a lungo rivali dello Stato islamico nel quadro del conflitto siriano. Lo Stato islamico ha dovuto difendersi dai raid anche nella provincia di Aleppo, lungo il confine con l’Iraq (in particolare nella zona di al Boumakal) e nella provincia orientale di Deir ez Zour. Solo in quest’area sarebbero stati condotti almeno 30 attacchi.
Una base di al Nusra e’ stata colpita nella zona settentrionale della provincia di Idlib, dove i raid hanno causato la morte di decine di persone tra miliziani e civili. Fonti del gruppo jihadisti hanno fatto sapere ai media arabi che almeno 15 combattenti sarebbero morti nel villaggio di Kafr Darian, lungo il confine con la Turchia, lontano centinaia di chilometri dalle postazioni dello Stato islamico. Gli attivisti siriani stanno diffondendo su internet i primi video degli effetti dei raid. Molti feriti vengono portati in Turchia tramite il valico di Bab al Hawa. In un video viene mostrato un missile rimasto inesploso recante il marchio “Made in Usa”.
Resta il mistero sul possibile “avvertimento” dato dagli Stati Uniti al regime di Bashar al Assad a poche ore dall’inizio dei raid. In un comunicato diffuso quest’oggi dalla televisione di Stato siriana, Damasco ha reso noto che al ministro degli Esteri Walid al Muallem sarebbe stata recapitata una lettera del segretario di Stato Usa, John Kerry, in cui si preannunciavano i primi attacchi in territorio siriano. La lettera sarebbe stata trasmessa a Damasco dal ministero degli Esteri iracheno. Una circostanza che e’ stata pero’ smentita dagli Stati Uniti attraverso le parole della portavoce del dipartimento di Stato, Jen Psaki. “Non abbiamo chiesto alcun permesso da parte del regime. Non abbiamo coordinato le nostre azioni con il governo siriano. Non abbiamo fornito alcun avvertimento in anticipo a livello militare, ne’ dato alcuna indicazione su tempistiche e obiettivi specifici”, ha precisato la portavoce del dipartimento di Stato Usa.
Nel frattempo, secondo quanto riferisce l’emittente televisiva “al Arabiya”, le milizie dello Stato islamico avrebbero preso il controllo di centinaia di piccoli pozzi petroliferi nella provincia di Deir Ez Zour, nel nord-est della Siria. Si tratta di pozzi che, prima dell’inizio della guerra civile, producevano circa 130 mila barili di greggio al giorno, come afferma un ingegnere del settore residente oggi a Damasco. Tuttavia, sempre secondo “al Arabiya”, i jihadisti si sarebbero ritirati dalla zona di al Maiadin, sempre nella provincia di Deir ez Zour, pesantemente colpita dai raid di questa mattina.
L’avanzata dello Stato islamico nel nord della Siria sembra invece proseguire al confine con la Turchia. I combattimenti continuano a Kobani, punto di frontiera con la Turchia quasi del tutto circondato dai qaedisti e difeso dalle forze curde del Pyd, le Unita’ di protezione del popolo. Le milizie curde potrebbero tuttavia iniziare a contare, a partire dalle prossime settimane, sull’eventuale sostegno della Turchia. Quest’oggi il capo del governo di Ankara, Ahmet Davutoglu, ha fatto sapere che le forze armate turche potrebbero effettuare una serie di “operazioni transfrontaliere” contro i qaedisti. Tale sviluppo potrebbe consentire alla Turchia di contribuire a smorzare le tensioni prodottesi negli ultimi giorni con la minoranza curda.


Fonte www.ilnord.it

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