L'ombra lunga della minaccia islamica si allunga sull'Italia. Dal Viminale, negli ultimi giorni, sono partite cinque circolari di allerta. Sono state inviate a prefetti, questori e forze di polizia di tutto il Belpaese (la prima risale al giorno della decapitazione di Foley, il 20 agosto). Nel documento si chiede "con effetto immediato" il rafforzamento dei dispositivi di vigilanza. Ma non solo. Nei documenti, infatti - soprattutto dopo la decisione del governo di inviare armi ai peshmerga curdi - si chiede di intensificare l'attività di prevenzione contro attacchi terroristici. Nel dettaglio, la follia islamica potrebbe abbattersi contro le sedi istituzionaliitaliane, le ambasciate e i consolati. Ma non solo: i jihadisti progetterebbero attentati anche contro centri di cultura e scuole straniere, nonché contro uffici turistici.
"Massimo sforzo" - Nella prima circolare si chiede di dare "con effetto immediato" il massimo impulso possibile "ai servizi di prevenzione a carattere generale che rafforzino maggiormente dispositivi di vigilanza e controllo del territorio, attuando un’ulteriore sensibilizzazione delle misure di vigilanza e sicurezza a tutela degli obiettivi ritenuti sensibili". Poi, nel dettaglio, il riferimento ai luoghi a rischio: "Sedi diplomatiche e consolari e di interesse socioculturale, economico e religioso, compresi istituti scolastici e turistici". Inoltre il Viminale raccomanda maggiore attenzione alle personalità legate a Stati Uniti, Israele, Gran Bretagna, Iran e Iraq e alle loro residenze, al "fine di prevenire eventuali azioni delittuose". In un'altra circolare si precisa: "Si vorrà altresì avere cura di mantenere al livello di piena efficienza l’attività infoinvestigativa, al fine di cogliere notizie e segnali sulla possibile attuazione anche di imprecisate azioni delittuose".
I returnisti - In particolare l'intelligence italiana è preoccupata dai cosiddetti returnisti, ossia i jihadisti che, nei campi di addestramento in Medio Oriente, hanno imparato a combattere, per poi prendere parte alla guerriglia in Iraq e Afghanistan. La maggior parte di loro vive a Brescia, Torino, Padova, Bologna, Ravenna e in Veneto, da cui esercitano la loro attività di propaganda. I returnisti conoscono l'uso di armi e di esplosivo, anche se non sarebbero organizzate in cellule. In una circolare di qualche mese fa, in relazione alla morte del genovese Giuliano Delnevo, che andò a combattere in Siria, gli 007 nostrani specificavano: "La presenza di potenziali mujahidin pronti a fornire il proprio contributo alla causa si evidenzia soprattutto tra le fila degli "islamonauti" che si indottrinano sul web e animano gruppi di discussione e social forum".
Fonte:http://www.liberoquotidiano.it/
"Massimo sforzo" - Nella prima circolare si chiede di dare "con effetto immediato" il massimo impulso possibile "ai servizi di prevenzione a carattere generale che rafforzino maggiormente dispositivi di vigilanza e controllo del territorio, attuando un’ulteriore sensibilizzazione delle misure di vigilanza e sicurezza a tutela degli obiettivi ritenuti sensibili". Poi, nel dettaglio, il riferimento ai luoghi a rischio: "Sedi diplomatiche e consolari e di interesse socioculturale, economico e religioso, compresi istituti scolastici e turistici". Inoltre il Viminale raccomanda maggiore attenzione alle personalità legate a Stati Uniti, Israele, Gran Bretagna, Iran e Iraq e alle loro residenze, al "fine di prevenire eventuali azioni delittuose". In un'altra circolare si precisa: "Si vorrà altresì avere cura di mantenere al livello di piena efficienza l’attività infoinvestigativa, al fine di cogliere notizie e segnali sulla possibile attuazione anche di imprecisate azioni delittuose".
I returnisti - In particolare l'intelligence italiana è preoccupata dai cosiddetti returnisti, ossia i jihadisti che, nei campi di addestramento in Medio Oriente, hanno imparato a combattere, per poi prendere parte alla guerriglia in Iraq e Afghanistan. La maggior parte di loro vive a Brescia, Torino, Padova, Bologna, Ravenna e in Veneto, da cui esercitano la loro attività di propaganda. I returnisti conoscono l'uso di armi e di esplosivo, anche se non sarebbero organizzate in cellule. In una circolare di qualche mese fa, in relazione alla morte del genovese Giuliano Delnevo, che andò a combattere in Siria, gli 007 nostrani specificavano: "La presenza di potenziali mujahidin pronti a fornire il proprio contributo alla causa si evidenzia soprattutto tra le fila degli "islamonauti" che si indottrinano sul web e animano gruppi di discussione e social forum".
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